venerdì 30 maggio 2008

Amici di penna: Maria Viteritti (Al di là del muro, Lupo editore, 2008)

Inauguro questo nuovo spazio “vetrina”, per presentarvi il nuovo romanzo di Maria Viteritti, appena uscito per i tipi di Lupo Editore).
Scrittura asciutta, veloce, per un romanzo scritto in prima persona che affronta con levità un tema gravoso come quello dell’eutanasia (uno “strano tipo” di eutanasia a dirla tutta), che qui sembra assecondare i ritmi della routine assolutamente normale del protagonista: esecutore stacanovista dall’aplomb quasi impiegatizio. Tutto normale, all’apparenza, tutto scontato, finché tra i clienti della rinomata ditta della “buonamorte” si presenta una donna.

domenica 25 maggio 2008

My Sassy Girl: una Lamù tutta terrena

Titolo: My Sassy Girl
Paese, anno: Corea del Sud, 2001

Regia: Kwak Jae-young

Interpreti: Tae-hyun Cha, Ji-hyun Jun, Jin-hie Han, Sook-hee Hyun, Il-woo Kim

Genere: Commedia

Prendete il fascino un po’ acido di Lamù (sì, proprio l’aliena seminuda con i capelli blu), aggiungete una buona dose di commedia romantica di matrice americana, e spruzzate abbondante ironia asiatica: il risultato è “My sassy girl”, un film agrodolce riuscitissimo che riconcilia con un genere che sembrava non avere più molto da dire. La pellicola in questione è tra i maggiori successi del cinema coreano (che a quanto pare non sforna solo thriller maledetti, mattonazzi e horror altrettanto “granitici”), ed è stata il trampolino di lancio per due giovani attori che oggi sono contesi dai più quotati registi asiatici (la splendida protagonista, per esempio, è apparsa nel più recente “The Uninvited”, oltre che nel sofisticato “Il mare”).
L’inizio della vicenda è in puro “Oriental Style”, con il gusto, tutto asiatico, di accostare ironia e romanticismo a uno smaccato senso del grottesco quasi trash. Lui, uno studente piuttosto pacato, incontra per caso lei, una bizzarra ragazza ubriaca, mentre è intenta a vomitare sul parrucchino di un malcapitato vicino di sedia nella metropolitana.
Gyeon-woo, così si chiama lo studente che ha davvero molti tratti in comune con l’Ataru Moroboshi della già citata serie di cartoni, finisce suo malgrado per “incastrarsi” nel destino strampalato di una Lamù tutta terrena, ritrovandosi coinvolto in situazioni esilaranti e spesso estreme solo per la necessità di rispondere alle “sfide” lanciate dalla algida e bellissima protagonista. Così lo vedremo tuffarsi in un lago per informare la ragazza dell’esatta profondità dell’acqua, mentre scambia le sue scarpe da tennis con i tacchi a spillo di lei per una strana passeggiata in un parco, o ancora intento a sopravvivere a una nottata in carcere per colpa dell’ennesimo brutto tiro della sua compagna di sventura. Soltanto la mimica facciale dei due protagonisti meriterebbe la visione di “My sassy girl”, una ventata d’aria fresca laddove ormai non si respirava quasi più.
A parte le “scenette” buffe marcatamente “manga”, il film regala momenti di pura “sospensione” malinconica e introspettiva, proponendo una visione sognante dei rapporti che legano l’esistenza di un individuo alle imperscrutabile logiche del fato, e imbastendo una storia che, pur nella leggerezza formale del suo impianto, coinvolge, emoziona e, tra una risata e l’altra, fa anche pensare.
I
l colpo di scena finale, sebbene un po’ prevedibile per gli spettatori più smaliziati, chiude il cerchio su una commedia godibilissima e nient’affatto banale. Un film da vedere, per i romantici incalliti, per gli amanti dei manga, e per tutti quelli che sono stufi del binomio sentimento-monotonia a cui un certo cinema ci ha abituato.

lunedì 12 maggio 2008

L’indistruttibile tarlo dell’editoria a pagamento

Non sto teorizzando l’etica del “mal comune mezzo gaudio”, se è a questo che state pensando: io non so che farmene del “mal comune”, perché a stare male sono bravissimo da solo, e anche il “mezzo gaudio” mi lascia indifferente, perché, se proprio dovessi scegliere, preferirei un gaudio tutto intero (sono tremendamente geloso dei miei momenti di gioia). Quello che voglio dire è che finché il disagio degli “aspiranti” sarà argomento per pochi, roba da circolo privato, finché le mille voci discordanti rimarranno un brusio stonato piuttosto che un coro dissonante eppure armonico, finché l’insoddisfazione dell’uno non incontrerà quella dei molti, non ci sarà posto per una rinascita culturale che parta finalmente dal basso, e gli scaffali delle librerie resteranno appannaggio esclusivo di un cabarettista, un calciatore e un prete spretato.
Serve una levata di scudi, una presa di coscienza (e di posizione) contro il “malgoverno delle arti” che imperversa ovunque, non il sommesso e inconcludente piangersi addosso a cui ci siamo dedicati finora (chi più, chi meno, ma con gli stessi esiti imbarazzanti) ma una battaglia da condividere sul campo di una letteratura ancora tutta da scrivere. Si deve fare gruppo, mantenere un’integrità morale anche dinanzi alle lusinghe dei “coltivatori di perle”, che verranno a offrirci esche all’apparenza invoglianti e appetitose. Sono ami. Tagliole.
La pubblicazione a tutti i costi è un fantasma che è bene scacciare, perché, come sanno bene i sub che rischiano la vita per inseguire una preda troppo in profondità, ci porta in acque pericolose e ci espone a rischi inutili e che sarebbe meglio evitare. La pubblicazione con richiesta di contributo, tanto per fare un esempio.
Come abbiamo visto, la pratica di richiedere un obolo agli autori emergenti è diventata assai comune presso gli editori nostrani (non che all’estero le cose vadano troppo meglio a dire il vero), anzi, in parecchi casi è l’unica fonte di sostentamento per società altrimenti destinate a un fallimento sicuro. In pratica, delle sessantamila case editrici da cui siamo partiti poche, pochissime, potrebbero restare in attività senza il sostegno degli stessi scrittori che, anno dopo anno, rimpolpano i loro cataloghi (e i loro conti in banca).
Quella dell’editoria a pagamento è una realtà “scivolosa”, perché tende a confondersi (e a confondere), ma soprattutto perché non è immediatamente decifrabile. C’è chi pensa che a chiedere soldi in cambio della possibilità di pubblicare siano solo gli editori minori, come se la voglia di arricchirsi, la “fame”, sia appannaggio solo dei pesci piccoli, in verità la prassi di spennare gli incauti autori alle prime armi è assolutamente trasversale, e accomuna tutti, i grandi e i piccoli, i “corrotti” e gli insospettabili. In ogni caso si tratta di una prassi sbagliata, probabilmente una delle concause dell’attuale degenerazione del quadro editoriale complessivo, un tarlo feroce e all’apparenza indistruttibile. E pensare che basterebbe iniziare a rispondere “no”.

No” quando ti dicono che sei bravo ma che devi pagare qualcosa per diventare bravissimo.

No” quando ti dicono che non sei famoso ma che se paghi sarai sulle prime pagine dei giornali.

No” quando ti dicono che il tuo libro è talmente bello che richiede un investimento in più per promuoverlo al meglio.

No” quando danno un prezzo alle tue ambizioni, fossero pure infondate.

No” punto e basta.